Corona virus e resilienza

In questi giorni funesti che il paese e buona parte del mondo, stanno vivendo, le parole sicuramente più ricorrenti sono il nome di questo virus e resilienza.

Certo è che avremmo fatto molto volentieri a meno di conoscere questo corona virus o covid-19 che dir si voglia, e non avremmo mai voluto sacrificare la nostra libertà personale e testare la nostra capacità di adattamento personale, sulla scorta di un pericolo determinato da una pandemia.

La situazione attuale a causa di questo minuscolo nemico sta modificando notevolmente lo stile di vita delle persone, delle istituzioni, delle aziende, in pratica della società. Stiamo testando, nostro malgrado, la nostra capacità di essere resilienti.

La resilienza è la capacità di tutti i sistemi di modificarsi e, se necessario, di evolversi attraverso eventi non previsti determinati da errori e/o adattamenti

Se proviamo a fare mente locale possiamo renderci conto di quanti cambiamenti ha vissuto il nostro sistema sociale prima di diventare quello che è. Potremmo anche renderci conto che ogni cambiamento è stato determinato da un evento non previsto o non considerato.

In pratica siamo stati costretti ad adattarci, a modificare i nostri comportamenti sulla spinta di eventi non determinati, almeno direttamente, da noi.

In tutte queste occasioni di passaggio qualcuno non ce l’ha fatta, qualcuno è scomparso e sono stati quelli che, preso atto del fenomeno che stavano subendo, hanno deciso di resistere o semplicemente di attendere, confondendo la resilienza con la resistenza, quindi confondendo l’adattamento all’inerzia o poco più.

Quello che stiamo vivendo in questi giorni di certo terminerà e anche noi vogliamo unirci al coro del “tutto andrà bene” e ci crediamo ma crediamo altresi che tutto non sarà più come prima, siamo convinti che questo fenomeno rappresenti un vero e proprio terremoto, pari a quelli che hanno costretto i precedenti sistemi sociali a modificarsi.

Il corona virus ci sta costringendo a rivedere alcune nostre abitudini (se pensate che fino a due mesi fa se avessimo visto entrare qualcuno in un supermercato con il volto coperto ci saremmo preoccupati, mentre adesso è vero il contrario), e il nostro modo di vedere e fare le cose. Ci sta portando in evidenza le possibilità che già avevamo e non abbiamo considerato e nella maggior parte dei casi ci sta obbligando a resistere.

Tutti siamo consapevoli che le ricadute di questa pandemia sull’economia saranno a dir poco catastrofiche e ci porteranno ad una crisi forse peggiore rispetto a quanto già vissuto nel 2008.

Probabilmente questo momento darà il colpo di grazia alle piccole attività commerciali e soccomberanno tutti quelli che mai hanno approcciato il canale e-commerce o lo avranno fatto male e questo perché con tutta la popolazione costretta a casa ci sarà una maggiore affezione nei confronti di sistemi di approvvigionamento già in uso ma che per pigrizia non erano mai stati del tutto considerati.

Quasi sicuramente ci si renderà conto che certi modelli produttivi, certi modelli organizzativi, quelli usati fino ad ora, non sono più in grado di garantire, non solo sviluppo ma anche la continuità.

Ci renderemo conto che lo smart working non è il lavoro a distanza ma investe il modello manageriale, la condivisione e il controllo dei processi, la gestione del rapporto con i fornitori e con i clienti che dovremo abituare ad essere smart, per non incorrere mai più nel rischio che adesso stiamo correndo, ovvero l’assoluta incapacità, nonostante le tecnologie a supporto, di creare sviluppo.

Probabilmente non sarà solo questo a cambiare, la speranza è quella che si trasformino anche certe considerazioni che afferiscono a uomini, donne, popoli. La speranza che si cominci a pensare e a fare sul serio circa la qualità dell’ambiente, della vita e che l’economia ricominci a rifarsi a modelli etici diversi rispetto a quelli seguiti nel corso dell’ultimo ventennio. La speranza infine è che anche il nostro tessuto economico italiano si scopra sempre più resiliente e sempre meno resistente.

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